Immagine

"Sono passati vent’anni da quel giorno del tragico attentato alle Torri Gemelle di New York, e mai come oggi i recenti fatti dell’Afghanistan si intrecciano inevitabilmente con il ricordo degli atti terroristici che colpirono gli Stati Uniti nel 2001: nessuna considerazione può davvero restituire la gravità di quanto è accaduto allora e di quanto sta accadendo venti anni dopo.
Il primo pensiero va alle vittime del crollo delle due torri, ai sopravvissuti, ai soccorritori e a tutti i loro familiari. Ma oltre a chi perse la vita o fu ferito in quel vive attentato, ricordiamo i tanti militari – molti dei quali appena ventenni - che hanno compiuto il loro dovere fino al sacrificio ultimo e i civili innocenti che, da allora, stanno soffrendo le conseguenze del terrorismo e della guerra. Le parole sono vane di fronte alla storia che continua a scriversi e a dipanarsi sotto i nostri occhi, per questo penso che non esista modo migliore per commemorare i caduti se non il più rispettoso silenzio.
Le immagini e le notizie che rimbalzano negli smartphone e nelle televisioni anche in questi giorni, rischiano di rendere immuni al dolore le nostre menti e i nostri cuori. Non possiamo accettare di voltare lo sguardo, né che l’Europa troppo spesso dimentichi che essere unita significa essere, prima di tutto, solidale.
I valori e il rispetto per la vita e la libertà che abbiamo difeso in venti anni, impongono atti di responsabilità concreta. Ciò che possiamo davvero fare, nel nostro piccolo, quindi, è coinvolgere i giovani e il mondo della scuola anche promuovendo momenti di riflessione che non siano mere lezioni, ma vere possibilità di dialogo. Servono luoghi, spazi e tempi che diano la possibilità ai ragazzi prima e a noi adulti poi, di esprimere pensieri e ragionamenti su ciò che il mondo sta vivendo dal 2001 a oggi. Se ne deve parlare. Non possiamo lasciare che siano la velocità dei social media o qualche talk show a fagocitare gli eventi bombardandoci di immagini ed emozioni senza darci il tempo di riflettere o peggio, banalizzando la storia.
Coloro che sono morti in questi anni meritano che la nostra società, fondata sulla democrazia, continui il suo percorso nell’obiettivo di diventare migliore ed evitare errori da cui poi è difficile uscire.
Ma oggi più che mai ci siamo accorti che non è sufficiente, anzi talvolta è assolutamente sbagliato pensare che la stabilizzazione democratica dei Paesi, passi per una presenza militare di questo o quel paese.
La democrazia è un bene che si alimenta favorendo processi culturali inclusivi, favorendo esempi positivi di rispetto della vita umana. La democrazia è un processo contagioso di esempi positivi e buone pratiche, come quelle messe in atto da Gino Strada che ha saputo portare nei luoghi di guerra e di maggiore povertà presidi sanitari aperti a tutti.
Ma nel nostro piccolo che lo danno ogni giorno anche i nostri comuni, lo sport, le piccole realtà quotidiane di lavoro e delle scuola e sopratutto dell’Università di Padova, dove si formano giovani che possono rientrare nei paesi per diventarne classe dirigente.
Significativa la scelta del Magnifico Rettore della nostra Universitò che teneva le porte aperte le porte della nostra Università a quel giovane afgano che si scusava per non poter iscriversi nei tempi previsti ai corsi.
La democrazia è un processo che nasce dal basso e su questo chiunque ha responsabilità pubblica si deve sentire impegnato.
E’ un impegno che dobbiamo sentire come debito per non rendere vano il sacrificio di tanti uomini e donne che sono morti per mano del terrorismo fanatico che oggi non possiamo ancora dire essere stato sconfitto."
Fabio Bui
Presidente della Provincia di Padova