Cerimonia del 25 aprile

È sicuramente il primo 25 aprile dal Dopoguerra a oggi dove ogni discorso, ogni parola, ogni atteggiamento assumono significati forti, oserei dire storici. Risuonano nella mente le parole chiave di quella giornata del 1945. Libertà e resistenza, prima di tutto. Una libertà che in nostri padri, i nostri nonni e bisnonni ci hanno donato sacrificando la loro vita. Resistenza perché i cittadini reagirono all’oppressione del nemico “dal basso”, facendo la loro parte contro la dittatura, l’occupazione e la guerra. Persone umane che, come tutti, provavano paura per sé e per i loro familiari, ma nonostante ciò tirarono fuori il coraggio e la voglia di lottare. Un atto di dignità che ci ha permesso, negli anni della ricostruzione, di trattare con le potenze vincitrici a fronte alta.
I ragazzi che all’epoca avevano vent’anni, sono gli anziani divenuti oggi prime vittime dell’emergenza causata dal coronavirus. Persone a cui dobbiamo settantacinque anni di democrazia, prosperità e crescita sociale, oltre che economica. Ci siamo svegliati in una qualsiasi giornata di sole di questo 2020 trovandoci catapultati in un incubo: asili e scuole chiuse, bar, ristoranti, alberghi, uffici, aziende, fabbriche e persino chiese chiuse. Aerei a terra, musei, vita culturale e associativa azzerata. Ordinanze che vietano gli spostamenti da Comune a Comune. Ospedali, medici, personale sanitario in prima linea e, con loro, anche gli amministratori locali, sottoposti a pressioni emotive inimmaginabili. Siamo stati costretti alla distanza, all’impossibilità di vedere i nostri amici, i parenti, i familiari, al divieto di accudire i nostri nonni.
A noi è stato risparmiato il rumore delle bombe o le sofferenze della fame, della malattia, delle ferite di quella guerra che abbiamo studiato nei libri. La tecnologia ci aiuta a restare in contatto, a tenerci informati e, seppure con difficoltà, a restare al passo con la formazione e l’istruzione. Alla generazione del 25 aprile 1945 spazzata via nei reparti Covid o nelle case di risposo, non è stato risparmiato nemmeno l’immenso dolore di morire senza l’ultimo saluto dei propri cari. A queste persone rivolgo quindi il mio pensiero e il pensiero sincero della Provincia di Padova.
Da dove ripartiamo? Partiamo proprio da qui. Dalla memoria e dalla gratitudine verso coloro che ci hanno preceduto. Nelle pieghe della nostra storia troveremo la bussola per rifondare tutto ciò che, da qui in poi, dovrà essere rifondato. Ripartiamo dalla gratitudine perché ora capiamo davvero il valore delle cose che troppo spesso abbiamo dato per scontato oppure abbiamo persino criticato. Cito ad esempio il nostro sistema sanitario nazionale o tutti i servizi che ci hanno accompagnato nel lavoro, nella scuola e nella gestione familiare negli anni dal Dopoguerra a oggi. Ripartiamo dai luoghi simbolici delle nostre città: da Palazzo Santo Stefano divenuto Museo della memoria di ciò che è stata la guerra e casa di tutti i 102 Comuni padovani, portabandiera delle loro bellezze, del patrimonio di arte, cultura, turismo, creatività e volontariato che i nostri borghi custodiscono. Ripartiamo da noi, dalla famiglia, dai nostri colleghi, collaboratori, superiori o dipendenti, dal valore del lavoro fatto di relazioni umane vere che mai come ora ci mancano, nel bene o nel male. Ricominciamo dall’etica e dalla partecipazione sociale, dalla politica onesta che si rimboccherà le maniche di fronte alle difficoltà quotidiane dei propri cittadini, delle imprese, delle madri e dei padri, dei bambini, dei giovani, degli anziani, di chi, straniero o italiano, è rimasto o rimarrà senza lavoro.
Il 25 aprile 1945 segnò la fine e l’inizio. La fine della guerra e l’inizio dell’Italia, una, libera, repubblicana e fondata sulla Costituzione che oggi più che mai è faro e luce per uscire da questa emergenza.
Mi rivolgo ai ragazzi che, insieme agli anziani e alle famiglie, sono i più colpiti dagli avvenimenti di questi mesi. Il mio invito, appena si potrà, è di recarsi a visitare il Museo di Palazzo Santo Stefano per conoscere più da vicino la gloriosa storia dei loro nonni e bisnonni. Quando uscirono dai rifugi le piazze erano piene di macerie. Erano stanchi, affamati, feriti nel corpo e nell’anima. Ma se osserviamo le foto della Liberazione, vediamo volti colmi di voglia di vivere. Si rimboccarono le maniche e ricostruirono tutto per loro, per i loro figli e per chi non c’era più. E sul loro sforzo siamo cresciuti e abbiamo prosperato tutti noi, fino a oggi.
È questo il messaggio di speranza che ci deve accompagnare quando ci sarà la cosiddetta fase 2. Non posso dire che sarà semplice perché non lo sarà. Posso però affermare che insieme, in un grande patto generazionale, ce la possiamo e ce la dobbiamo fare. Così come ci hanno insegnato coloro che ci hanno preceduto.

Buon 25 aprile, W la Provincia di Padova, W l’Italia.

Fabio Bui
Presidente Provincia di Padova

25/04/2020